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Viaggio in Bosnia ed Erzegovina. Lavorare per contrastare l’odio e non lasciare nessuno solo o escluso

Intervista a Salvatore Costantino, consigliere nazionale del CNCA e presidente della cooperativa sociale Folias, sul viaggio in Bosnia ed Erzegovina organizzato dal CNCA all’interno del progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”.

Buongiorno Salvatore Costantino. Il progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”, come sai, si basa sul principio dell’antifragilità, un concetto sviluppato dal filosofo e pensatore Nassim Nicholas Taleb. Questo concetto descrive la capacità delle persone di reagire proattivamente agli imprevisti e alle crisi, trasformandole in opportunità di crescita. L’antifragilità non si limita alla resistenza o all’adattamento agli shock, come avviene con la resilienza, ma implica la capacità di utilizzare le difficoltà come stimoli per immaginare e promuovere nuove soluzioni.
Nell’ambito del progetto, che in Italia prevede diverse iniziative per contrastare la povertà dal punto di vista abitativo, educativo, digitale ed economico, il CNCA ha promosso la creazione di una rete tra enti del terzo settore. L’obiettivo è stato quello di favorire un confronto a livello internazionale sui temi del progetto. Il primo appuntamento di questo percorso è stato una visita alle realtà che operano in Bosnia ed Erzegovina, dal 12 al 15 settembre scorsi, a cui tu hai partecipato. Qual è stata la tua esperienza di viaggio? Quali prospettive si sono aperte e cosa ti ha colpito di più in relazione ai principi del progetto?

Credo che questo viaggio in Bosnia ed Erzegovina sia stato un’importante occasione di conoscenza per i rappresentanti di numerose e diverse organizzazioni del terzo settore italiano. Abbiamo avuto modo di comprendere la realtà di un Paese ancora segnato da una guerra avvenuta trent’anni fa.

La prima riflessione che mi viene in mente è quanto tutti noi siamo rimasti sorpresi dagli effetti ancora visibili di un conflitto così sanguinoso e di un genocidio così terribile, come quello di Srebrenica, che continuano ad avere un impatto sulla popolazione, in particolare sui giovani. Per questo motivo, ritengo che creare network a livello transnazionale possa favorire non solo la conoscenza reciproca tra organizzazioni e persone, ma anche la progettazione di azioni concrete nei campi della povertà educativa, economica e abitativa.

Uno degli aspetti più evidenti di questo viaggio è stata la spinta a uscire da una visione catastrofica e impotente di fronte a tragedie così profonde. Siamo tornati in Italia con la convinzione che sia sempre fondamentale parlare di pace e mediazione. Riflettendo su ciò che abbiamo visto e appreso, riteniamo essenziale che nei nostri servizi quotidiani si lavori per contrastare e respingere l’odio, costruendo interventi che non lascino nessuno solo o escluso.

Durante il viaggio abbiamo valorizzato il confronto e la condivisione delle nostre esperienze nella lotta alla povertà e ipotizzato una cooperazione più attiva con i partner in Italia e in Bosnia ed Erzegovina. Subito dopo il viaggio, abbiamo sentito l’esigenza di dotare la federazione CNCA di uno strumento culturale condiviso con i partner transnazionali.

Questa idea si è concretizzata nella creazione di un festival culturale denominato “Cardiopatie”, un’iniziativa che, attraverso la musica, il cinema, il teatro, i dibattiti e gli incontri, possa riattivare il senso di umanità. Non un’umanità fine a sé stessa, ma capace di contaminare, di raggiungere i decisori politici e di creare una cultura condivisa con i giovani, le scuole e gli operatori sociali.

Il primo evento concreto sarà la commemorazione dei trent’anni dalla strage di Srebrenica. Ospiteremo il regista bosniaco Ado Hasanović, che presenterà il suo film I diari di mio padre, in cui racconta la storia della sua famiglia sterminata durante il genocidio. Questo film sarà proiettato in un minitour organizzato dal CNCA, con tappe a Trento (in occasione dell’incontro nazionale di giugno 2025 del progetto Perla), nonché in alcune città italiane come Padova, Pisa e Monterotondo.

Questa “puntata zero” del festival rappresenta un’opportunità non solo per ricordare il genocidio di Srebrenica, che molti probabilmente hanno dimenticato, ma anche per creare parallelismi con le tragedie odierne, come quella in corso a Gaza. L’obiettivo è non solo commemorare, ma riflettere su cosa la società civile possa ancora fare.

Secondo te, quale ruolo hanno o possono avere le realtà del terzo settore che si sono incontrate in questo viaggio?

È evidente che le realtà del terzo settore, sia a livello nazionale che transnazionale, si occupano dei bisogni delle persone. Per noi è stato fondamentale confrontarci con un ente bosniaco che si occupa del sostegno agli anziani, alle vittime di guerra e ai giovani. Abbiamo scoperto di avere molti punti in comune per favorire l’incontro tra le persone e abbiamo compreso quanto sia necessario incentivare progetti di scambio di conoscenze tra operatori sociali e giovani.

Per questo, riteniamo che la cooperazione transnazionale non debba essere un’occasione per esportare le “buone prassi” italiane, ma piuttosto per creare uno scambio reciproco di esperienze e metodologie. Dal viaggio in Bosnia ed Erzegovina siamo tornati arricchiti da nuove idee, azioni e servizi che ci hanno stimolato e fatto riflettere.

L’obiettivo è la costruzione di un network reale tra operatori sociali. Tant’è che nell’iniziativa che organizzeremo come CNCA, il nostro partner bosniaco, l’associazione Emmaus, avrà un ruolo attivo nel festival. Li ospiteremo in Italia e porteranno la loro esperienza, con la prospettiva di costruire insieme progetti duraturi, come il servizio civile e scambi giovanili.

Dal confronto avuto in questi giorni emerge inoltre una forte preoccupazione: mentre la comunità internazionale è concentrata sui conflitti in Ucraina e Gaza, il rischio di una nuova escalation del conflitto serbo-bosniaco è sempre più concreto. Per questo, la nostra collaborazione non si deve fermare qui, ma deve continuare con progetti di lungo termine che possano favorire la pace e la stabilità in quei territori.

(Intervista a cura di Hassan Bassi, CNCA)

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