Aminata si affaccia quasi con timidezza allo sportello di AMAD. Vicino a lei una bimba dagli occhi scuri e vivaci, i capelli ricci raccolti in un fiocco colorato, e un incarnato color nocciola. Bellissima. Aminata, 44 anni, madre sola qui in Italia, in arrivo dallo stato africano della Mauritania, ha bisogno di lavorare. Per sé stessa e per mantenere Fatou, la sua piccola nata in Italia sette anni fa. È sola, racconta, perché il marito “è un uomo cattivo”, confida all’operatrice. Per Aminata va bene qualsiasi tipo di lavoro, per ora sta facendo la badante a una signora e per questo si è spostata ad Ancona da un vicino comune. Ed è a questo punto del racconto che Aminata crolla. Scoppia in un pianto a dirotto. Non è riuscita a iscrivere Fatou nella nuova scuola ad Ancona. “Deve studiare”, si dispera. L’operatrice le prende le mani e le promette che tutto si risolverà. E così, dopo uno scambio di mail con l’Ufficio scolastico regionale, tutto è pronto per settembre. Fatou non vede l’ora di iniziare la terza elementare, snocciola tutte le tabelline che conosce e dice di essere felice di imparare nuove cose.
Chi arriva allo sportello non chiede mai una cosa sola. Dietro la richiesta del lavoro ci sono l’educazione dei figli, necessità di servizi. O di aiuto psicologico. Aminata è una delle donne incontrate allo sportello di segretariato sociale e lavoro di AMAD, Associazione Multietnica Antirazzista Donne di Ancona, nell’ambito del progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilià”, dedicato a rafforzare l’inclusione sociale, lavorativa e abitativa dei migranti e delle persone vulnerabili nel territorio di Ancona, attivato dal 1° settembre 2024 al 31 maggio 2025.
Un’azione scaturita dallo scenario attuale: negli ultimi anni l’Italia ha attraversato una crisi economica e sociale che ha lasciato il segno su molte famiglie e comunità. La recessione ha indebolito la nostra struttura produttiva e ha accentuato problemi come povertà, marginalità e disorientamento, soprattutto tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Un quadro complesso che si riflette anche nella vita quotidiana di città come Ancona, capoluogo regionale delle Marche. Dal 2012, i servizi sociali comunali hanno registrato un aumento costante di situazioni di disagio: problemi legati all’abitazione, al lavoro, all’educazione e all’inclusione sociale. La crisi non si limita all’aspetto economico, ma si traduce in un vero e proprio aggravamento delle condizioni di vita di molte persone. Un dato che fa riflettere è che oltre il 51% della popolazione residente ad Ancona ha un ISEE inferiore ai 12.000 euro, un indicatore di forte fragilità economica. Dal punto di vista del mercato del lavoro, i dati evidenziano come donne, giovani (in particolare i NEET, cioè quei giovani che né studiano né lavorano) e soggetti svantaggiati siano le categorie più in difficoltà.
Il progetto dunque si propone di avere un approccio multidisciplinare per rispondere ai bisogni complessi.
Cuore del progetto è proprio lo sportello di segretariato sociale e lavoro, che ha messo in campo un’azione integrata e personalizzata. La presa in carico dei beneficiari, quasi esclusivamente migranti, ha coinvolto volontari con competenze diverse – psicologi, operatori legali, medici – per affrontare le fragilità che spesso si intrecciano: povertà economica, isolamento sociale, difficoltà abitative e disoccupazione.
Tra le attività principali, si segnalano l’orientamento sui diritti e le risorse disponibili, la regolarizzazione dei documenti, la compilazione di CV, l’avvio alla formazione, la ricerca di alloggi di emergenza, l’inserimento nel mondo del lavoro tramite tirocini e contratti stagionali e l’esperienza del servizio civile. Sono stati anche offerti supporto legale e psicologico, con incontri settimanali e consulenze, oltre a iniziative di prevenzione sanitaria e riconoscimento dei titoli di studio.
Il progetto ha coinvolto circa 80 beneficiari tra donne, uomini e bambini, provenienti da paesi come Afghanistan, Somalia, Nigeria, Marocco e molti altri. Le donne migranti, spesso con figli minorenni, hanno partecipato attivamente alle azioni proposte, rafforzando il senso di comunità e di appartenenza. Anche i bambini hanno beneficiato di laboratori educativi, inseriti grazie a un’altra iniziativa in corso, che promuove l’integrazione attraverso il gioco e l’espressione creativa.
Tra i successi più evidenti, si conta il miglioramento delle condizioni di vita di molte persone, con accesso a servizi di base, formazione e opportunità di lavoro. Sono stati supportati 16 beneficiari nella regolarizzazione dei documenti e 20 hanno iniziato percorsi di formazione. Alcuni hanno trovato occupazione, attraverso tirocini o contratti temporanei, mentre altri hanno ricevuto consulenza legale o supporto psicologico.
Non sono mancate le criticità: i rapporti con la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno sono stati complessi e la carenza di alloggi disponibili ha rappresentato un ostacolo importante. Inoltre, il problema dell’alcolismo tra le persone senza dimora rimane difficile da affrontare.
Da queste esperienze, il team ha tratto insegnamenti rilevanti: l’importanza di un’analisi approfondita dei bisogni prima di avviare interventi personalizzati e la necessità di strategie flessibili e adattate alle specificità di ogni beneficiario. La collaborazione multidisciplinare si è rivelata fondamentale per favorire l’inclusione e l’occupabilità.
Il progetto ha anche rafforzato la rete territoriale coinvolgendo altri enti tra cui la Caritas diocesana, e diverse associazioni – “Tenda d’Abramo”, “Ribò Unità di Strada”, “Casa delle Genti” –, i servizi sociali del Comune di Ancona e la Confartigianato di Ancona.
Donatella Linguiti, AMAD

