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Collina e cratere. Incontro con Goffredo Fofi

Promosso dal Gruppo Spiritualità del CNCA, l’8 maggio a Lecco

Collina e cratere
Incontro con Goffedo Fofi sul ruolo delle minoranze oggi

(promosso dal gruppo spiritualità del CNCA, Casa sul Pozzo – Lecco 8 maggio 2012)

Il pensiero che ha promosso l’incontro è stato quello di mettere in conoscenza e dialogo figure e realtà militanti nel pensiero e nelle prassi. Di Fofi ci aveva interessato il libro La vocazione minoritaria – intervista sulle minoranze,a cura di Oreste Pivetta editore Laterza (cfr anche la rivista Gli Asini e www.lostraniero.net). Il gruppo spiritualità si colloca in questa logica del favorire contatti che traducano ed evidenzino le prassi che stiamo sviluppando.

Goffredo Fofi ha l’apparenza di una collina consolidata e amica: terreno subito affabile, sorride e abbraccia volentieri, quasi restio a incarnare – anche nel vestire sobrio – i panni del fine intellettuale. Uno dei pochi che scorrazza nella cultura italiana con la libertà di chi non ha apparati da difendere e grandi benefici da poter perdere.

Poi, salendo la collina, ti accorgi che oltre l’erba verde c’è un cratere, ampio e profondo.

L’incontro inizia e l’attività vulcanica appare tutt’altro che pacata: non devi farti ingannare dal consueto e quasi sornione ribollire del ragionare, perché, improvvise come il magma, schizzano riflessioni e citazioni che possono carbonizzare qualsiasi corazza di schema di pensiero, di modelli e di riferimenti assorbiti con l’aria che si respira.

Che cosa raccogliere dall’inarrestabile colata lavica che per tre ore ci ha tenuti inchiodati nell’ascolto?

Quattro sono i punti attorno cui le esplosioni e il fiume magmatico si sono costantemente instradati, richiamando il lavoro che come CNCA abbiamo raccolto nei testi Decrescere per il futuro e Grammatica di minoranze.

  1. Chiedersi come stiamo nel tempo di oggi. Senza nascondersi dietro il tema della complessità, senza semplificare, lavorando sul “dopo, dopo, dopo di noi”. “Viviamo un disastro antropologico, ma abbiamo quest’unica vita e ci vogliono punti di riferimento alti per non perdersi, per dare senso”. In un tempo di “poteri senza faccia” e di “folle solitarie”, viviamo la crisi come evento che “impone di ragionare e libera perché, senza farsi inghiottire dal Palazzo, si tratta finalmente di ricominciare su quasi tutto”.
  2. Non accettare lo ‘status quo’. Come un ritornello Goffredo Fofi vi ritorna ad ogni occasione: “non accetto questo ordine di cose”, si tratta di “non accettare il mondo così com’è”, coltivare la rivolta del “non ci sto, senza megalomanie, senza fondare gruppi rigidi, ma in piccoli gruppi con valori, con un metodo, con una visione molto generale e ampia. Fare il massimo che si può nella situazione data”. “Non si può essere ottimisti, bisogna stare attenti agli ottimisti: sono un pessimista attivo”. In fondo “ci si giustifica nel fare”, chiedendosi “cosa ne tiri fuori dalla tua sofferenza?”. Così si può “dare consistenza alla vita, scegliere; e se lo si fa insieme, in un gruppo, è una cosa ancora più grande”. “Tutti dicono cosa fare, nessuno dice chi lo fa”. Altrimenti, in un tempo che “sopravvaluta il lavoro intellettuale”, si diventa “carne da macello, generazioni senza coscienza civile, giovani in mano ai demagoghi di turno”.
  3. Le “minoranze etiche”: “coscienza, stimolo, progetto per far muovere il futuro”. “il Paese sta in piedi per un insieme di minoranze, ma devono mettersi in rete e far politica, senza aspettare ‘qualcuno’”. “Minoranza non è un punto di passaggio verso altro, non è in vista di ‘arrivare al potere’; esse hanno un compito diverso, una responsabilità non piacevole con rischi di isolamento, di lavorare di più, …”. Quale volto fanno vedere le minoranze oggi? Quale intelligenza produciamo? “Le minoranze etiche devono agire bene perché gli altri imparano da quel che facciamo e non da quel che diciamo; devono far ripartire il discorso comunitario in Italia, tenere in piedi e ricostruire valori e modelli di socialità; devono infine rompere ‘le scatole’ dicendo dei ‘sì’ e dei ‘no’ senza temere la diversità, restando dentro i processi e disobbedendo dove va fatto”. Accompagnati dall’esperienza che “le minoranze se la godono: si vivono rapporti umani più intensi, ci si sente parte di un progetto più ampio, … invece quando si sgomita, si sta male. Ma se dai qualcosa, poi torna molto di più… è stato ogni volta così”.
  4. Da ultimo, Goffredo Fofi ha fortemente segnalato come metodo/contenuto la costruzione di mappe di persone e che è una delle condizioni che permette alle minoranze di essere vive e incisive. I contatti che ha stabilito nell’occasione, i riferimenti e le decine di citazioni di figure di ogni tempo e genere[1] mostrano un modo di esserci, laterale e s-centrato da noi, e un impegno a connettere continuamente storia, persone e gruppi. Perché è in relazioni storicamente responsabili che si genera lo spazio altro di cui oggi abbiamo necessità per “essere preparati” e “uscire allo scoperto”.

Nonostante la scarsa partecipazione, è importante aver iniziato un movimento di dialogo che certamente non si fermerà lì. La sensazione complessiva è quella di aver camminato sulle pendici di un modo di riproporre alle minoranze  dell’oggi verità e nonviolenza.  Le quali sono, appunto, “antiche come le colline[2]”. 

2 giugno 2012


[1] Val la pena elencare i nomi di cui abbiamo preso nota durante il suo racconto-conferenza: G.Gaeta, S. Weil, A.Potente, J.J.Rousseau, A. Capitini, A.M.Ortese, A. Camus, Dante, G.Leopardi, S.Kierkegaard, B.Pascal, Gesù, P.P.Pasolini, D. Bonhoeffer, L.Godart, S.Penna, L.Barbera, D. Dolci, L. Milani, I.Silone, G.Chiaromonte, M.Lutero, I.Calvino, J.London.

[2] Nella famosa espressione di M.K.Gandhi, termine inglese hills corrisponde a ‘colline’.

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