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Conferenza nazionale di Bologna, ”La legge Fini va respinta in toto”

Si è chiuso ieri l’evento organizzato dal Cartello nazionale “Non incarcerate il nostro crescere”, sette Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano Conferenza nazionale di Bologna, tutti d’accordo: la legge Fini sulle droghe va respinta in toto. I punti su cui concordano operatori, mondo istituzionale e associazioni dei consumatori

ROMA – Si è chiusa ieri a Bologna la “Conferenza per un progetto delle Regioni sulle dipendenze” (7-8 febbraio), a cui hanno partecipato oltre mille operatori.
L’evento – organizzato dal cartello nazionale “Non incarcerate il nostro crescere”, coordinato dal CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), sette amministrazioni regionali (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria) e la Provincia autonoma di Bolzano – ha permesso di stabilire i punti su cui tutti i soggetti intervenuti concordano, anche in vista degli appuntamenti futuri (a cominciare dalla Conferenza nazionale sulle droghe che, ora, il Governo afferma di voler organizzare in settembre a Pescara).
In primo luogo, la Conferenza di Bologna ha segnato un inedito dialogo tra associazioni dei consumatori, operatori di tutti i settori interessati alla questione droghe e mondo istituzionale.
Anime e professionalità differenti, ispirate da visioni culturali ed etiche diverse, ma tutte interessate a confrontarsi per trovare le resposte più indicate dinanzi alle questioni che il consumo di droghe pone, senza aizzare le paure sociali e senza cadere nelle trappole dell’ideologia.
In secondo luogo, questi diversi e molteplici soggetti si sono trovati concordi nel rifiutare in toto la legge Berlusconi-Fini sulle droghe: il testo del provvedimento, a detta di tutti, non è emendabile, ma va riscritto daccapo.
I rappresentanti del centrosinistra che hanno partecipato alla tavola rotonda finale – Livia Turco e Rosi Bindi in primis – hanno preso pubblicamente l’impegno, in caso di vittoria dell’Ulivo alle prossime elezioni politiche, a lavorare per un nuovo testo di legge.
L’opposizione al provvedimento approvato in Consiglio dei ministri è tale che gli operatori sono pronti ad azioni di disobbedienza civile dinanzi a delle disposizioni ritenute inaccettabili prima di tutto per ragioni morali e culturali.
Al Governo che sta organizzando, finalmente, la Conferenza nazionale sulle droghe a Pescara per il prossimo settembre (con almeno due anni di ritardo, se effettivamente verrà celebrata), gli organizzatori delle assise di Bologna mandano a dire che sono pronti a partecipare solo se tale evento sarà organizzato per favorire un reale, ampio e articolato confronto tra esperienze diverse, uno scambio non ipotecato da una proposta di legge che non è mai stata discussa con la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori.

In terzo luogo, la Conferenza si presenta come uno dei più significativi atti attraverso cui le amministrazioni regionali, dinanzi al rifiuto di qualsiasi dialogo da parte degli organismi centrali dello Stato, fanno da sé diventando così il punto di riferimento istituzionale di un’impostazione e un modello di intervento per le politiche che aspira a diventare generale.
Le sette Regioni sopra citate e la Provincia autonoma di Bolzano, infatti, hanno presentato alla Conferenza un proprio documento di indirizzo in materia di droghe, segnando in esso una chiara differenziazione e una netta alternatività al modello difeso dal Governo con la sua proposta di legge. Un evidente segnale del protagonismo che il regionalismo permette oggi alle amministrazioni regionali e locali.

In quarto luogo, viene riaffermata la funzione strategica della prevenzione che, però, deve oggi partire dalla constatazione di un aumento generalizzato dei consumi e dal fatto che la sperimentazione di droghe sta diventando sempre più un elemento dei “normali” contesti giovanili del divertimento.
In quest’ottica appaiono poco incisivi interventi di prevenzione fondati su richiami ideologici e non calibrati su persone, contesti e sostanze differenti, ognuno dei quali richiede proprie modalità di azione.

In quinto luogo, la Conferenza riconosce anche, in un modo che non è mai stato così esplicitamente e universalmente concorde, l’importanza – anche scientifica – dei “servizi di prossimità”, cioè di quegli interventi che si impegnano nel contattare i possibili consumatori di droghe, a cominciare dal mondo giovanile, nei luoghi dove essi si incontrano (la strada, le discoteche e i luoghi del divertimento, ecc.), all’insegna del principio: “esserci prima, per lavorare meglio dopo”. Tali interventi, infatti, si offrono sul territorio come accoglienza, dialogo e vicinanza per più soggetti: dai settori più emarginati delle persone tossicodipendenti – che nessun altro tipo di servizio è in grado di agganciare – ai mondi giovanili che sperimentano sempre nuove sostanze e inediti stili di consumo.
Anche le comunità e i servizi pubblici hanno affermato l’essenziale azione svolta da questi tipi di servizi, che ora devono però trasformarsi da “progetti sperimentali” in “interventi di sistema”.

Infine, tutti gli addetti ai lavori si sono trovati concordi nel denunciare il rischio esiziale che l’approvazione della proposta di legge Berlusconi-Fini rappresenta per il sistema carcere. I detenuti italiani, infatti, già oggi sono costretti a vivere in una situazione di grave sovraffollamento, con una qualità della vita deteriorata e quasi ovunque al di sotto degli standard anche minimi di tutela della salute e degli altri diritti fondamentali. L’entrata in vigore della proposta governativa porterebbe in carcere un enorme numero di persone, provocando – presumibilmente – tensioni e conflitti esplosivi. Il sistema carcerario italiano – è questa la denuncia che parte da Bologna – non è in grado di reggere l’impatto della proposta del Governo.

Roma, 9 febbraio 2005

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