Il gioco d’azzardo in Italia ha raggiunto livelli allarmanti, coinvolgendo in modo crescente anche le fasce più giovani della popolazione. Si apprende dalla la Relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2025, che quasi un milione e mezzo di studenti – pari al 57% della popolazione studentesca – dichiara di aver giocato d’azzardo nell’ultimo anno e che i dati relativi ai profili di gioco “a rischio” e “problematico” sarebbero nell’ordine di 80.000 giovani. Gli studenti appartenenti a queste categorie presentano, inoltre, una maggiore inclinazione verso comportamenti a rischio, tra cui furti, atti vandalici, conflitti con le forze dell’ordine e consumo di sostanze legali e illegali, rispetto ai coetanei che non praticano il gioco d’azzardo. Eppure, nonostante la portata del fenomeno, l’attenzione istituzionale resta debole e frammentata.
La Relazione, infatti, relega l’azzardo a una sezione secondaria e non lo riconosce pienamente come una dipendenza comportamentale meritevole di pari considerazione rispetto all’abuso di sostanze. Mancano un’analisi approfondita e una riflessione sull’impatto del gioco nella popolazione adulta, sulle infiltrazioni criminali nel comparto legale e sulle diseguaglianze territoriali nella presa in carico. Emergono, inoltre, significative carenze nei dati riguardanti le persone assistite dai SerD territoriali – per non parlare di quelle in carico al privato sociale –, ostacolando così un’analisi esaustiva della domanda di trattamento, essenziale per una utenza storicamente restia a intraprendere percorsi di cura.
Tra le forme di gioco più diffuse tra i minorenni che il documento menziona, spiccano gli evergreen Gratta&Vinci (76%), seguiti – chi l’avrebbe mai detto – dalle scommesse sportive (37%), dai giochi da casinò come poker e roulette (28%) e dalle slot machine e VLT (26%), tutti giochi caratterizzati da un elevato potenziale di additività. Altro corollario ben noto: sono i maschi a giocare di più in quasi tutte le categorie, salvo per i Gratta&Vinci, dove la partecipazione femminile è maggiore.
Non lo scopriamo certo dalla Relazione, che pure sottolinea quanto preoccupante sia la crescita del gioco online, coinvolgendo 320.000 studenti, pari al 13% del totale, che hanno dichiarato di aver scommesso su internet nel 2024, senza alcun filtro o controllo reale.
In questo contesto, la distinzione tra “gioco legale” e “gioco illegale” e l’artificio del “gioco sicuro” si rivelano sempre più illusori. Le Relazioni 2024 dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) e della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) confermano, infatti, che anche il canale legale è soggetto a infiltrazioni mafiose, e che il mito secondo cui la legalità rappresenterebbe una barriera alla criminalità organizzata si scontra con dati e indagini ufficiali. La questione è emersa anche nel corso degli Stati Generali del Gioco, tenutisi il 3 luglio 2025 presso la Camera dei Deputati, dove i rappresentanti delle aziende concessionarie hanno evitato qualsiasi riferimento alle criticità legate al riciclaggio o alla criminalità, preferendo insistere sull’immagine di un comparto virtuoso e controllato. Un silenzio assordante, soprattutto alla luce dell’eliminazione, da parte del governo, dell’Osservatorio nazionale per il contrasto alla dipendenza da gioco e del relativo fondo, con la Legge di Bilancio 2025.
La decisione politica di procedere al riordino del comparto del gioco d’azzardo online, posticipando dapprima al 31 agosto 2025 e successivamente al 31 dicembre 2026 l’intervento sul gioco fisico, non appare affatto neutra. Tale scelta meriterebbe quantomeno una riflessione esplicita sulla portata del gioco telematico: da un lato, si registra una crescita costante dei conti gioco attivi — oggi circa 20 milioni —; dall’altro, emerge la preoccupante esigenza di sostenere tale espansione per garantire l’invarianza del gettito erariale, obiettivo reso necessario anche dalla tassazione decisamente più favorevole rispetto a quella applicata al gioco fisico.
In questo scenario, i Piani Regionali per la Prevenzione mostrano applicazioni disomogenee e spesso inefficaci. Le divergenze territoriali sono profonde, con fondi ministeriali gestiti in modo discontinuo e con un’offerta di servizi ancora concentrata nelle regioni del Nord. Su 279 servizi pubblici dedicati all’azzardo, il 62% si trova nel Nord Italia, mentre regioni come l’Abruzzo, secondo la Relazione, non ne contano nemmeno uno.
Il profilo del giovane giocatore “a rischio” (6,3%) o “problematico” (4,7%), come detto, è spesso intrecciato con altri comportamenti devianti o che indicano un malessere: piccoli reati, consumo di sostanze, difficoltà scolastiche e relazionali. Segnali che richiedono risposte strutturate e non frammentarie.
Infine, criptovalute, microtransazioni, trading e gaming online, rappresentano nuove frontiere del rischio, specie tra i più giovani. Spesso, strumenti digitali apparentemente innocui, riproducono dinamiche tipiche del gioco d’azzardo, come la gratificazione immediata e la spinta alla ripetizione compulsiva.
Alla luce di questi dati, appare evidente l’urgenza di una strategia nazionale integrata che affronti il gioco d’azzardo come problema sanitario, sociale ed educativo. Non basta raccogliere dati: servono prevenzione, educazione, regolamentazione e trattamenti accessibili. E, soprattutto, serve un cambio di sguardo culturale: l’azzardo non è un settore da “promuovere normalizzando”, ma una piaga sociale che cresce nel silenzio e nella disattenzione.
Emiliano Contini, referente CNCA per il Gioco d’azzardo, e Enrico Malferrari, CNCA