Comunicato stampa
Naufragio di Crotone,
Governo e UE responsabili dello smantellamento del sistema di soccorso
Garantire canali di ingresso legali e sicuri.
Necessario fare chiarezza su eventuali responsabilità istituzionali per la tragedia
Roma, 28 febbraio 2023
Siamo stanchi e arrabbiati davanti all’ennesima tragedia nel Mediterraneo. E altre ne seguiranno se non cambieremo radicalmente la politica per le migrazioni del nostro paese e dell’Unione Europea. Come Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) denunciamo ancora una volta che la prima causa di questi terribili naufragi è il continuo smantellamento del sistema di soccorso a favore di una politica che vuole costruire muri e, come si evince dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, arriva addirittura a colpevolizzare uomini, donne e bambini in fuga da una guerra, un disastro ambientale, una vita di povertà senza speranze.
Il naufragio di Crotone è solo l’ultima vicenda che evidenzia la necessità di una maggiore presenza degli stati e delle Ong lungo le rotte del Mediterraneo. Invece, si sta cercando di ridurre in modo sempre più drastico l’attività dei soccorritori, imponendo regole volte chiaramente a ostacolare la loro azione.
È poi evidente che non è più rinviabile l’istituzione di canali legali e sicuri per entrare nel nostro come negli altri paesi dell’Unione Europea, unica soluzione alle partenze con gli scafisti, a cui persone e famiglie non si rivolgerebbero se non fossero state messe con le spalle al muro.
Infine, riteniamo urgenti l’organizzazione di una vasta mobilitazione nazionale e locale, che faccia sentire la voce di chi non condivide le politiche del governo italiano e dell’Unione Europea, e l’avvio di un’indagine che accerti come sono andati effettivamente i fatti davanti alla costa crotonese e se ci sono responsabilità istituzionali sul mancato soccorso prima del naufragio. Non si può restare in silenzio dinanzi alle centinaia di esseri umani che, ogni anno, muoiono nel mar Mediterraneo o finiscono reclusi in Libia o in altri paesi che si prestano a fare ciò che per noi sarebbe insostenibile.