Si è aperta una sfida culturale profonda, che esige un pensiero vivo, una discussione capillare e una “contro-pedagogia della presenza” capace di disinnescare l’effetto anestetico di una comunicazione ridotta a mero consumo.
Non basta “dire”, dobbiamo restituire la parola al corpo sociale, renderla esperienza, gesto, processo, sottraendola al regime dell’evidenza spettacolare.
Il vuoto partecipativo che vediamo non si colma con un appello in più. Richiede una controforma del pensare insieme, alimentata da alleanze culturali lente e da immaginazione organizzata. Dobbiamo creare spazi che non mirino a produrre consenso, ma a generare discontinuità, dove la discussione non sia solo opinione, ma vera trasformazione.
Il CNCA osserva con profonda preoccupazione un paradosso evidente: mentre milioni di cittadini si recano alle urne e tantissimi riempiono le piazze per cause fondamentali come Gaza, il Ddl Sicurezza e il Pride, il nostro paese sembra arretrare su fronti cruciali.
Il dato più amaro del recente referendum non è solo il quorum mancato, ma quel “No” alla cittadinanza, triplicato rispetto agli altri quesiti. Questo “No” è un segnale allarmante di paura, chiusura e arretratezza. Rivela un’Italia che sembra preferire la difesa di privilegi consolidati al riconoscimento di diritti essenziali. Ci interroghiamo: è un conflitto tra generazioni, tra garantiti e precari o tra “noi” e “gli altri”?
“Che tu possa vivere in tempi interessanti,” recita un antico detto. E noi, in questi tempi, ci viviamo dentro pienamente. Siamo stanchi di un’informazione che rischia di ipnotizzarci e distoglierci dalle vere priorità.
Eppure, negli ultimi giorni, abbiamo anche visto riaccendersi il fuoco della relazione, del fare insieme, del trovare accordi. I referendum, le piazze, l’empatia con Gaza e le contestazioni per il Ddl Sicurezza e che animano anche altre parti del mondo, sono per noi solo l’inizio.
Vogliamo tempi “giusti”. Tempi in cui nascere o crescere in Italia significhi essere pienamente riconosciuti, senza se e senza ma. Tempi in cui la giustizia sociale sia la nostra priorità e non si sia “deboli con i forti e forti con i deboli”.
Il CNCA non si arrende. Ogni “No” è una ferita, ma anche una spinta. La speranza, se è vera, resiste. E diventa uno slancio potente per continuare a costruire comunità accoglienti, capaci di guardare al futuro con fiducia e solidarietà.
Esecutivo nazionale CNCA