Nel caso campano i Progetti terapeutici riabilitativi individuali (Ptri), che prevedono il budget di salute, vengono realizzati in cogestione tra l’Asl, l’Ambito territoriale e il terzo settore. L’Unità di valutazione integrata, composta da operatori della Asl e Ambito rilevano i bisogni e le potenzialità della persona e il terzo settore viene invitato a progettare su tali presupposti.
La nostra esperienza ci ha insegnato che gli elementi per la riuscita di tali interventi sono: una reale cogestione con gli enti (Asl e Ambito); la partecipazione alla progettazione esecutiva da parte dell’utente, ove possibile, e della famiglia (quando presente); la flessibilità dell’intervento; infine, ma non per ultimo, la creazione di una rete territoriale che in molti casi è un elemento determinate per il successo dell’intervento. Questo ultimo aspetto presuppone che si lavori costantemente alla infrastrutturazione sociale, in un lavoro capillare che coinvolge: singoli cittadini che hanno relazione con l’utente; gli esercenti commerciali di vicinato; le parrocchie del territorio; associazioni e gruppi informali; fornitori e rete commerciale della cooperativa che possono essere di supporto nella realizzazione del progetto d’integrazione lavorativa o essere potenziali datori di lavoro alla fine del percorso.
Per esemplificare racconto la storia di C., che oggi ha 49 anni, eroinomane sin da giovanissimo con un leggero deficit cognitivo, residente in uno dei più grossi comuni dell’area nord di Napoli. Dopo un lungo periodo di dipendenza e furti, nel quale accumula una lunga lista di precedenti penali, va in una comunità del nord Italia. Tuttavia, la comunità per oltre dieci anni non fa mai le dimissioni. Il Dipartimento delle dipendenze, per mettere fine al continuo esborso di risorse, impone la dimissione. La persona si ritrova come un corpo estraneo su un territorio dove, nonostante il tempo passato, sono ancora note le sue gesta criminali. La famiglia lo riaccetta a casa solo con molta ritrosia. C. si ritrova al Ser.D., per una ricaduta. In quel momento si decide di tentare la via del Ptri. Egli viene affidato alla cooperativa sociale Un fiore per la vita e inizia una borsa lavoro in agricoltura presso la Fattoria sociale “Fuori di zucca”. Gli operati della cooperativa iniziano a tessere intorno alla persona una rete, dialogando con la famiglia, il territorio, alcuni volontari di una parrocchia.
C., accompagnato dagli operatori, inizia a frequentare la parrocchia e giorno per giorno costruisce relazioni di fiducia con il sacerdote e i gruppi parrocchiali, diventando un po’ alla volta un membro della Caritas parrocchiale. Nel lavoro, guidato da un tutor, acquisisce competenze nel campo dell’agricoltura biologica. Alla fine del Ptri viene assunto e diventa socio della cooperativa. Inoltre, nel suo comune un’emittente locale, saputo della sua storia, chiede di candidarlo a un concorso come cittadino dell’anno del suo comune. La persona accetta e vince il concorso, quindi alla fine del Ptri, il suo percorso di rinascita e reintegrazione diventa anche un modello per le persone del suo comune. Oggi, quindi, C. non è più un utente ma è un contribuente, socio di una cooperativa e cittadino preso anche a modello.
Tuttavia, il Ptri ha dei fattori di criticità in quanto gli enti territoriali, spesso, hanno una resistenza a confrontarsi con uno strumento dinamico. Inoltre, il pagamento delle spettanze agli enti viene effettuato metà da parte della Asl (parte sanitaria) e metà da parte dell’Ambito (parte sociale). Le Asl, in genere, hanno tempi di pagamento accettabili. Gli Ambiti invece pagano con ritardi che superano l’anno, ma che possono protrarsi anche per diversi anni. Ciò costringe il terzo settore a pagare i bisogni “maggiormente primari” del Ptri e a realizzare il lavoro di infrastrutturazione con risorse proprie, non sempre disponibili e ovviamente ridotte, accumulando crediti spesso non esigibili e sofferenze finanziarie che minano alla base il lavoro. Il terzo settore nelle situazioni di crisi riesce comunque a fare egregiamente il proprio lavoro, ma spesso mettendo a rischio la tenuta economico-finanziaria dell’organizzazione.
Pasquale Gaudino