Il CNCA ha aderito all’appello che chiede di mettere all’ordine del giorno nelle aule parlamentari il tema urgente della chiusura delle carceri minorili, da sostituire con percorsi alternativi incentrati sui ragazzi e le ragazze e non sulla cancellazione del loro presente e di ogni possibilità di futuro.
“Come CNCA siamo molto preoccupati per l’involuzione a cui stiamo assistendo nella giustizia minorile in Italia”, rileva Caterina Pozzi, presidente del CNCA. “Il nostro paese è stato in grado di costruire un sistema all’avanguardia nel mondo, capace davvero di garantire il superiore interesse del minore. Provvedimenti recenti stanno però rafforzando le risposte punitive e il ricorso al carcere. Molte delle nostre organizzazioni sono impegnate nel lavoro con detenuti ed ex detenuti e con tanti ragazzi che sono entrati nel circuito del penale minorile. Anche sulla base della nostra esperienza, pensiamo che soprattutto per i minorenni il carcere non sia la risposta giusta e che vada invece sempre più sviluppato un lavoro principalmente di carattere educativo, di riflessione sulla propria vita e sugli atti che si sono compiuti, per arrivare a comprendere il significato e le ragioni delle proprie azioni, avendo presente le conseguenze per la collettività e le eventuali vittime. Per questo il CNCA e le sue organizzazioni socie privilegiano un approccio che è quello della Giustizia riparativa. Le proteste che si sono verificate recentemente in vari istituti penitenziari minorili italiani confermano che il carcere non è l’ambiente adeguato per assumersi la responsabilità delle proprie azioni e ripensare la propria vita.”
“L’approccio securitario, punitivo, di carcerazione quale risposta e misura ‘risolutiva’ rispetto ad atti che evidenziano il malessere e il disagio dei ragazzi”, dichiara Liviana Marelli, coordinatrice dell’Area Nuove generazioni e famiglie del CNCA, “rappresenta il fallimento pieno di una società adulta incapace di assumere responsabilità e lungimiranza nell’individuazione di strategie e politiche capaci di dare priorità e centralità all’approccio educativo-pedagogico centrato sull'”esserci”, sull’ascolto, sul dialogo che coinvolge tutti. Il contrario della scelta miope, autoritaria, demagogica di escludere, rinchiudere, allontanare e ‘non vedere piu’ le persone tutte, e in particolare i minorenni, a favore dei quali vanno invece intensificate tutte le misure alternative alla carcerazione a partire dalla messa alla prova. È, inoltre, di una cattiveria disumana inasprire le pene detentive per mamme con figli piccoli con dispregio pieno e colpevole del rispetto del superiore interesse dei minorenni, stante la ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.”
Qui sotto il testo integrale dell’appello.
Nelle carceri italiane l’attitudine vendicativa sta cancellando la funzione rieducativa richiamata in Costituzione. Le condizioni di vita sono insostenibili: il tasso di sovraffollamento è ormai del 130% con 61.800 persone attualmente detenute, numero che continua a crescere insieme a quello degli atti di autolesionismo e dei suicidi.
Dall’inizio dell’anno 72 persone detenute e 7 agenti si sono tolte la vita, ma di fronte a questa drammatica situazione, la risposta istituzionale continua ad essere il maggiore ricorso alla carcerazione preventiva, l’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento delle pene. Si riduce il ricorso alle pene alternative e si cancella ogni progettualità mirata al reinserimento sociale e lavorativo. E quanto ciò abbia gravi conseguenze ce lo dicono due numeri: a fronte di un tasso di recidiva generale del 70% torna a delinquere solo il 2% di chi è in possesso di un contratto di lavoro.
LA SITUAZIONE è ancora più odiosa negli istituti minorili. Le celle dovrebbero essere sempre una misura residuale, a maggior ragione per persone minorenni. Invece sono attualmente 570 le persone recluse nelle strutture detentive rispetto ai 496 di dicembre 2023 e ai 381 di dicembre 2022. L’ordinamento prevede altre possibilità che vanno intese come prioritarie, a cominciare dalla messa alla prova, volutamente ignorate.
Il governo Meloni ha incentivato il ricorso alla carcerazione dei minorenni, in particolare in forma di misure cautelari e di esclusione dalla messa alla prova per diverse tipologie di reato, attraverso il decreto “Caivano” del settembre 2023, mentre nessun reale investimento è stato fatto sulla prevenzione e sul rafforzamento dei percorsi alternativi alla detenzione. Il disegno di legge sulla “sicurezza” approvato alla Camera e ora al Senato va nella medesima direzione securitaria e radicalizza ancora la situazione, prevedendo lunghe pene per chi occupa immobili o effettua un blocco stradale, come per chi protesta in carcere o nei Cpr anche in maniera non violenta e per le donne incinte e le madri con figli di meno di un anno.
Insomma, si va in direzione esattamente opposta a quella che richiederebbe il buonsenso e la più elementare civiltà: un’amnistia per i reati sotto i tre anni e l’abolizione delle norme crea-detenuti come la legge Bossi-Fini in tema di immigrazione e la legge Fini-Giovanardi in materia di sostanze stupefacenti sono provvedimenti da attuare immediatamente per contrastare il sovraffollamento.
La centralità dell’approccio educativo ha reso per molto tempo il sistema della giustizia penale minorile italiano uno dei più avanzati in Europa e l’involuzione alla quale stiamo assistendo non è accettabile. Le problematiche complesse e multifattoriali che i ragazzi e le ragazze vivono vengono patologizzate e catalogate come devianza mentre la risposta, prevalentemente punitiva, continua a essere inadeguata. Il risultato è quello di accrescere il senso di frustrazione e di rabbia, che spesso sfociano in atti di violenza, rendendo invivibile il contesto carcerario sia per le persone detenute che per il personale.
Casal del Marmo a Roma è la dimostrazione emblematica di tutto ciò. Le proteste che in questi mesi hanno interessato il carcere minorile della Capitale, come di altre città italiane, sono la conseguenza di scelte politiche che hanno aumentato il senso di esclusione, solitudine, e disperazione di chi si trova ad avere nella detenzione l’unica risposta da parte della società.
CHIEDIAMO di mettere all’ordine del giorno nelle aule parlamentari il tema urgente della chiusura delle carceri minorili, da sostituire con percorsi alternativi incentrati sui ragazzi e le ragazze e non sulla cancellazione del loro presente e di ogni possibilità di futuro.
Facciamo appello a politici, intellettuali, organizzazioni sociali e di movimento, a giuristi e accademici, a tutte le persone e le realtà organizzate che hanno a cuore la democrazia di questo Paese affinché si levi forte la voce di chi la reclusione e il carcere li vuole ridurre fino all’estinzione e non moltiplicarli, a cominciare da quelli per i minorenni.
I primi firmatari di questo appello (al quale si può aderire attraverso la mail stopcarceriminorili@gmail.com) sono:
Luigi Manconi, scrittore già senatore – Ilaria Salis , europarlamentare – Francesca Ghirra, deputata – Ilaria Cucchi, deputata – Arturo Salerni, Progetto Diritti – Alessandro Luparelli, consigliere Roma Capitale – Caterina Pozzi, Presidente Cnca (Coordinamento nazionale comunità accoglienti) – Claudio Marotta – consigliere regionale – Simona Maggiorelli – direttrice Left – Andrea Catarci, Assessore Roma Capitale – Chiara Cacciotti, ricercatrice e attivista Spin Time Labs – Massimiliano Smeriglio, scrittore, già parlamentare europeo – Giovanna Cavallo – Legal aid, diritti in movimento – Mario Pontillo, Associazione Il Viandante – Rita Vitale, Associazione A Buon Diritto – Cristian Raimo, scrittore – Roberto Eufemia, consigliere Citta metropolitana Roma Capitale – Carla Baiocchi, Casa dei Diritti Sociali.
Hanno inoltre aderito le associazioni:
Cnca (Coordinamento nazionale comunità accoglienti) A Buon Diritto – Arpjtetto ets – Spin Time Labs – Il Cammino – Folias – Parsec consortium – Acquario 85 – Il Trattore – il Pungiglione – Magliana 80 – Programma Integra – Casa dei Diritti Sociali – Kairos soc.coop.soc arl Onlus.