Quando un oggetto va in pezzi, smette di esistere, perde la sua funzione, diviene inutile. In una società consumistica, veloce, indifferente, le persone e gli oggetti una volta “rotti” posso essere accantonati e gettati via. Quella di ricostruire, rigenerare, è un’arte!
Qualunque sia il campo di intervento, questo movimento richiede ingegno, cura, sensibilità, capacità estetiche e manuali. Come accadeva già nel 1400 in Giappone, un vaso rotto veniva recuperato attraverso la tecnica del Kintsugi, ovvero rincollare con l’oro i vari pezzi disgregati, non solo riportando alla vita la funzione dell’oggetto, ma rendendolo esteticamente migliore e sicuramente più prezioso di prima.
L’individuo che affronta un percorso di rinascita, come un vaso ricostruito, riesce a diventare consapevole delle sue ferite, senza nasconderle, anzi facendo bagaglio di quelle cicatrici che saranno il valore aggiunto, il suo oro. Questo importante lavoro si basa sulla resilienza e sulla trasformazione delle ferite in punti di forza. Scoprire che dopo la rottura ci può essere rinascita e miglioramento, grazie al processo di guarigione, rappresenta l’obiettivo principale di questo laboratorio.
Il Laboratorio Kintsugi Design all’interno del progetto “IEA! Inclusione, emancipazione, agency per combattere le disuguaglianze”, con il maestro d’arte Riccardo Fuzio, mira attraverso un lavoro fuori dagli schemi ad ottenere in primis il controllo del momento critico, ovvero il momento della rottura, per poi, attraverso un processo di studio e lavoro minuzioso, arrivare alla ricostruzione migliorativa.
Come si controlla la rottura? Agendo su di essa, provando ad essere artefici, protagonisti della rottura. Si parte da oggetti finiti (come la persona prima di una crisi). Questi oggetti vengono poi scaraventati a terra, un movimento reale che riproduce metaforicamente la crisi, e una volta in frantumi si può ricominciare.
Non possiamo utilizzare esclusivamente oro, ma la personalizzazione della ricostruzione renderà unici oggetti comuni, e renderà artisti preziosi coloro che erano da “buttare via…”.
Da anni questo mood, questo metafora laboratoriale, regala momenti di profonda condivisione e cambiamento all’interno della cooperativa On the Road, che ha trovato nel recupero e nel riciclo un modus operandi unico. Affianco al Kintsugi Design vivono il “Re-fashion Lab, Ricucire gli strappi”, un laboratorio tessile che recupera tessuti e vestiti in disuso, ma anche il Second Chance Art Lab, una falegnameria che costruisce arredi e oggetti partendo da materiale di scarto.
La totalità dei beneficiari del progetto IEA! sono persone senza dimora iscritte al centro diurno Help Center di Stazione Centrale. Usufruiscono dei servizi base come i servizi igienici e i servizi di ristoro, ma possono scegliere di iscriversi a vari laboratori artistico-creativi. Alcuni arrivano autonomamente presso il centro diurno, altri vengono intercettati dalle unità di strada presenti su tutta l’area metropolitana, altri ancora sono inviati dal servizio sociale del Comune. Specificatamente nel Lab Kintsugi Design tutti gli iscritti sono persone senza dimora, in altri lab i beneficiari provengono da case di accoglienza per vittime di tratta o dai vari progetti attivi, come i FAMI o i MIT sulle periferie.
Quando ci confrontiamo con il mondo della marginalità e dell’esclusione sociale dobbiamo costantemente combattere contro chi, comodamente avvolto nelle proprie sicurezze economiche, definisce, etichetta e determina l’esistenza di uno “scarto sociale”, riferendosi a coloro che si posizionano fuori dalle logiche istituzionali. Per noi lo scarto rappresenta una possibilità, una possibilità da colorare in oro!
Massimo Ippoliti, On the Road