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Le proposte del CNCA per produrre, realmente, sicurezza sociale

Documento della Federazione. Babolin: “Per affrontare le paure sociali non servono spot, ma un lavoro serio sulle cause dell’insicurezza”.

 

Roma – Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) presenta oggi le sue “Proposte per produrre, realmente, sicurezza sociale”, un documento che intende sottoporre all’opinione pubblica e al mondo politico una serie di azioni che agiscono sulle cause reali delle fratture e delle paure sociali.

Dopo aver precisato che l’unica risposta realmente sensata per affrontare paure che nascono dalla disgregazione del tessuto sociale è la costituzione di “tavoli nazionali di coordinamento e tavoli locali che, in ogni territorio – coinvolgendo i diversi attori politici, economici e sociali e integrando politiche economiche, urbanistiche, ambientali, sociali, dell’istruzione e del lavoro – ripensino un progetto di città”, il documento avanza numerose proposte relative a diversi ambiti di intervento e livelli territoriali:

· Stati generali delle aree urbane, per definire un patto condiviso tra tutti gli attori politici, economici e sociali, una cornice comune di intervento per riqualificare città e quartieri, e linee di finanziamento adeguate.

· Tavolo nazionale sulla sicurezza, composto dai ministeri competenti (Interni, Welfare, Sanità, ecc.), Conferenza delle Regioni, Anci, forze dell’ordine, reti nazionali impegnate sul fronte delle marginalità (CNCA, Caritas, ecc.), altri soggetti interessati, che permetta il coordinamento degli interventi in materia di sicurezza e, conseguentemente, di definire insieme un orientamento condiviso per l’utilizzazione del Fondo sanitario, del Fondo sociale e degli altri fondi nazionali.

· Tavoli locali sulla sicurezza, che analizzino le caratteristiche di un territorio, i suoi punti di forza e di debolezza, e progettino azioni riferite ai diversi target e problemi, con l’idea di rilanciare la partecipazione dei cittadini alla vita del territorio, creare benessere sociale, affrontare le cause del degrado.

· Contrasto all’illegalità e allo sfruttamento. Garantire il diritto di accesso ai programmi di protezione previsti dall’articolo 18 del T.U. sull’immigrazione a tutti coloro che intendono uscire dalla condizione di sfruttati, anche se non sporgono denuncia contro i loro sfruttatori; creare tavoli territoriali di coordinamento e occasioni di formazione comune e raccordo per forze dell’ordine e terzo settore; supportare il volontariato e la cooperazione sociale impegnati in questo campo; appoggiare progetti di mediazione sociale; sviluppare azioni di conoscenza dei fenomeni di tratta e sfruttamento.

· Servizi di riduzione del danno e di prossimità (unità mobili, drop in, dormitori). Valorizzare tali servizi attraverso linee di indirizzo nazionali e la creazione di un coordinamento nazionale ad hoc.

· Misure alternative e azioni di supporto sociale. Il rischio di recidiva cala notevolmente quando l’esecuzione delle misure alternative è collegata ad azioni di accompagnamento sociale e alla possibilità di godere di opportunità territoriali quali casa, lavoro, formazione.

· Percorsi di mediazione e di costruzione di cittadinanza per gli stranieri, e i rom in particolare.

· Giovani. Rilanciare i servizi che stabiliscono relazioni con i gruppi giovanili – lavoro di strada con adolescenti, unità mobili giovani (che utilizzano etilometri e narcotest) nei luoghi del divertimento –; favorire il protagonismo giovanile, anche di segmenti particolari come writers, gruppi musicali, associazioni giovanili dei centri sociali.

· Scuola. Investire di più sui processi di educazione alla pace e sulle sperimentazioni di programmi ed esperienze di integrazione e di convivenza pacifica, così come sull’insegnamento dell’educazione civica; valorizzare i genitori dei ragazzi immigrati; favorire lo sviluppo di “scuole aperte” che offrano spazi fisici alle iniziative dei giovani del territorio.

· Casa e riqualificazione urbanistica. Avviare una vera politica della casa, anche sperimentando forme diverse di coabitazione generazionale e intergenerazionale, forme di residenza temporanea (come gli alberghi popolari) e campus per gli studenti universitari. Investire, per la riqualificazione di città e quartieri, sulle forme di partecipazione dal basso, che diano parola agli abitanti delle zone interessate.

· Opportunità relazionali, aggregative e socializzanti. Attivare nei quartieri presidi positivi di convivenza pacifica e rispettosa delle peculiarità delle persone e dei gruppi (Centri per le famiglie, gli “spazi famiglia”, i centri di aggregazione giovanile, i Caffè pedagogici, ecc.).

· Tutela del minore. Rafforzare forme di corresponsabilità da parte dei singoli cittadini – come l’esperienza del tutore per il minore straniero – e dei soggetti della società civile.

· Controllo e repressione. Predisporre una maggiore copertura di vigilanza sul territorio – bastano i Vigili di quartiere, non occorre la polizia – e aumentare, invece, il lavoro di polizia contro le organizzazioni malavitose, nei confronti delle quali non deve esserci alcuna forma di compromesso.

“Per affrontare le paure sociali”, afferma Lucio Babolin, presidente della Federazione, “non servono spot, ma un lavoro serio sulle cause dell’insicurezza sociale e, quindi, politiche di medio/lungo periodo a sostegno di programmi ed azioni stabili, non episodici, non determinati dallo ‘scandalo’ o dall’emergenza. Ad essere in questione, qui, non sono i poveri ma le priorità e le forme della politica.”

Roma, 19 settembre 2007

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