Dopo un momento estremamente difficile nei territori legato alla crisi sanitaria, economica e culturale, il CNCA prova a scrivere tracce di futuro nell’anno del suo 40ennale, in occasione del quale è stato cambiato l’acronimo, che è passato da Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza a Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti. Un CNCA che con i suoi gruppi, operatori e volontari presenti in tutta Italia vuole affermare la soggettività politica del lavoro sociale.
Il sociale, lo abbiamo più volte detto, è la terra di tutti, e per nutrirla e migliorarla bisogna rompere il recinto dei “servizi sociali”. Occorre porsi in ascolto dei bisogni dei territori che sono cambiati, a seguito di nuove povertà, forme di esclusione, disuguaglianze, processi di marginalizzazione in atto e istanze di protagonismo del mondo giovanile. Occorre superare l’idea riduttiva di un sociale che coincide con le strutture, i servizi e le prestazioni accreditate – che comunque vanno garantite in tutta Italia e in modo uniforme. Pensiamo invece a una infrastrutturazione sociale e sanitaria, da rafforzare anche attraverso le risorse del PNRR, capace di garantire diritti, relazioni, concreta esigibilità e protagonismo delle persone accolte.
Occorre coniugare un nuovo modello di economia con un’economia dei diritti, capace di tenere insieme economia sociale e circolare, giustizia ambientale, territori e indirizzi politici.